Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 3

13 09 2017

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3 – Linee d’azione: settore elettrico

  • Le proposte avanzate nella SEN mirano essenzialmente al raggiungimento della quota del 50% delle fonti rinnovabili sul fabbisogno elettrico (rispetto al valore del 33,5% del 2015), e agli interventi di adeguamento della rete già oggi necessari per mitigare le criticità ㅡ in termini di affidabilità, flessibilità e resilienza ㅡ che affliggono il sistema elettrico italiano. Ci si attende che tali criticità, se non adeguatamente affrontate, diventeranno ancor più evidenti proprio con il crescere del livello di penetrazione delle fonti rinnovabili aleatorie (i.e. fotovoltaico ed eolico) sul mix generativo.
  • Il quadro delineato dagli estensori della SEN, tuttavia, lascia in sospeso due questioni essenziali:
    quale livello di elettrificazione della domanda ci si attende di raggiungere nel 2030 e, in prospettiva, nel 2050;
    – quale sarà di conseguenza il fabbisogno elettrico nel 2030 e, in prospettiva, nel 2050.
  • Relativamente a questi aspetti, la SEN omette di formulare qualsiasi considerazione quantitativa, rendendo complicata ogni considerazione nel merito delle proposte presentate. Nel testo ci si limita infatti a brevi e frammentari accenni (alle pagine 59, 98 e 150) che lasciano intendere una previsione di <<aumento della domanda, dovuto alla crescente diffusione del vettore elettrico nei consumi domestici e nei trasporti, in parte compensato da una riduzione per effetto dell’incremento dell’efficienza energetica>> (pag.150).
  • Per inciso, è da rilevare che le previsioni di aumento della domanda elettrica in Italia, pur generiche e prive di qualsiasi supporto numerico, sembrano contraddire le stime delle elaborazioni EUCO citate come riferimento, secondo le quali la produzione elettrica nell’Unione Europea nei diversi scenari di efficienza energetica (figura 6 a pagina 36) dovrebbe rimanere al più invariata o diminuire fino al 14%.
    Il previsto aumento del fabbisogno elettrico è invece in linea con i già citati scenari “New Policies” e “450ppm” del WEO (per l’Unione Europea rispettivamente +18% e +13% al 2040, rispetto ai valori del 2014), nonché con le proiezioni dell’Energy Roadmap 2050, secondo cui gli obiettivi europei di decarbonizzazione verranno raggiunti solamente con un raddoppio della quota elettrica sui consumi energetici finali, rispetto ai valori del 2005, che erano pari al 20,2%. Anche secondo l’EU Reference Scenario 2016 la quota elettrica è destinata a crescere fino al 25% nel 2030 e fino al 28% nel 2050.
  • È da notare che per l’Italia, la frazione di produzione elettrica rispetto ai consumi energetici finali è stata nel 2016 di circa il 16%[7]; gli scenari EUCO stimano che questo valore sia destinato a crescere per il nostro Paese solo fino al 18-19%[8], con un tasso quindi inferiore sia rispetto a quanto prospettato nella Roadmap 2050, sia rispetto all’EU Reference Scenario.
  • È anche alla luce di queste divergenze modellistiche, che riteniamo quanto mai opportuno che la SEN proponga una linea d’indirizzo più chiara in merito al ruolo del vettore elettrico nei consumi globali, anche in relazione all’entità che certe misure proposte potrebbero avere sul fabbisogno (e.g. i 5 milioni di veicoli elettrici e ibridi elettrici plug-in stimati al 2030, come dichiarato a pagina 59).
  • Complessivamente, le linee d’azione prospettate nel settore elettrico, oltre a non essere supportate da alcun dato previsionale sul fabbisogno complessivo, appaiono formulate in maniera disorganica e lacunosa, rendendo se possibile ancor più difficile avere un quadro completo sul mix generativo previsto (o auspicato) per il 2030 e sui relativi benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti. In particolare:
    1.  relativamente alle fonti rinnovabili vengono presentate delle previsioni di incremento della produzione annua rispetto al 2015 (pagg.48 e 49, figura 22), ma non viene specificato l’ammontare della capacità aggiuntiva che sarà necessario installare per raggiungere tale risultato, né il relativo importo degli investimenti pubblici e privati necessari;
    2. viceversa, per quanto riguarda la produzione di elettricità attraverso le centrali a turbogas (OCGT/CCGT), viene riportato il dato della capacità aggiuntiva (+ 1 GW nello scenario inerziale, +1,5 GW nello scenario di phase-out parziale del carbone e +2,9 GW nello scenario di phase-out completo) senza stimare quale sarà l’impatto sulla produzione elettrica e, di conseguenza, sull’aumento delle importazioni di metano;
    3. A fronte di un obiettivo del 50% di rinnovabili nel mix elettrico, non viene specificato in alcun modo come si intende comporre il rimanente 50% del paniere, nei tre ipotetici scenari di phase-out del carbone.
    4. I benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas serra vengono esplicitati soltanto per quanto riguarda gli interventi di dismissione parziale o totale degli 8 GW di impianti alimentati a carbone. Non viene invece fornita alcuna elaborazione numerica complessiva sugli effetti prodotti dal nuovo mix generativo. Sarebbe quantomeno doveroso riportare di quanto diminuirà entro il 2030 il fattore di emissione di CO2 per la produzione di elettricità, rispetto al valore attuale che l’ISPRA stima pari a 332 gCO2/kWh[9].
  • Analogamente, riteniamo non adeguatamente argomentati gli obiettivi di sviluppo di 5 GW della capacità di stoccaggio idroelettrico e di 5 GW di stoccaggio elettrochimico, che dovrebbero assorbire rispettivamente il 55% e il 40% dei picchi di overgeneration (pagine 103-104). In primo luogo, sarebbe opportuno riportare non solo il valore della potenza erogabile dai sistemi di storage, ma anche quello della carica complessiva accumulabile. In secondo luogo, occorrerebbe una stima dell’impatto, in termini di aumento delle emissioni di gas serra, derivante dalla fabbricazione, dall’installazione e dall’impiego di questi impianti di stoccaggio (Life Cycle Assessment).
  • Inoltre, non è data risposta ai seguenti quesiti:
    1. A quanto ammonta in TWh, esattamente, l’attuale eccesso di produzione (overgeneration) e di quanto aumenterà tale valore entro il 2030?
    2. Qual è attualmente e quale sarà in prospettiva il profilo giornaliero del fabbisogno elettrico, rispetto alla produzione, nei diversi periodi dell’anno?
    3. In che modo il profilo giornaliero del fabbisogno e della produzione, e il relativo andamento dei prezzi e del differenziale di costo rispetto ai Paesi confinanti, influenzerà il saldo import/export di elettricità?
  • Relativamente all’ultimo quesito, merita osservare quanto segue. A fronte di un saldo netto di importazioni pari nel 2015 a 46,4 TWh, equivalenti a quasi il 15% del fabbisogno elettrico[10], gli studi citati nella SEN evidenziano una grossa variabilità delle proiezioni al 2030, legata essenzialmente all’evoluzione delle politiche energetiche dei partner europei, e in particolare all’eventuale ridimensionamento della capacità nucleare francese (pagg. 34 e 220-221).
    Nonostante la conseguente ampia forchetta delle previsioni (da un minimo di 28 TWh ad un massimo di 70 TWh di importazioni annue), la SEN adotta come riferimento il valore di saldo più conservativo, ovvero 28 TWh. Riteniamo questa scelta opinabile e arbitraria: in coerenza con gli obiettivi di sicurezza e di competitività del sistema elettrico italiano, sarebbe auspicabile la valutazione di diversi sotto-scenari, che tengano in considerazione le varie ipotesi di evoluzione dei mix di produzione elettrica dei Paesi confinanti.
  • Per quanto riguarda l’ammontare degli investimenti necessari, la SEN riassume solamente quelli relativi all’ammodernamento della rete, allo stoccaggio idroelettrico e alla nuova capacità generativa a turbogas, per un importo complessivo di 17-19 miliardi di euro nello scenario di phase-out inerziale da carbone (pagg. 107 e 139) [11].
    Nessuna stima viene fornita per gli investimenti che i soggetti pubblici e privati dovranno sostenere per lo sviluppo dello stoccaggio elettrochimico, per l’installazione di maggiore capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile, oltre che per il repowering degli impianti già esistenti, con particolare riferimento agli 8 GW di impianti eolici che giungeranno a fine vita utile entro il 2030 (pag. 51).
  • Anche a causa del limitato orizzonte temporale preso in considerazione nella SEN, non viene menzionato nel documento il problema relativo agli investimenti che saranno necessari per il mantenimento della capacità fotovoltaica, considerando che una parte significativa dei 18 GW di pannelli attualmente installati dovrà essere sostituita tra il 2030 e il 2040.
  • Al netto dei rilievi esposti nei punti precedenti, ci preme formulare una considerazione generale sull’impianto della SEN 2017 per quanto riguarda il settore elettrico. Appare evidente un orientamento, nel breve e medio termine, verso un mix generativo basato sul binomio “rinnovabili-gas”; il documento tuttavia non propone alcuna argomentazione a sostegno di questa scelta, come se essa fosse la naturale e sola possibile evoluzione dell’attuale sistema elettrico nazionale. In virtù del dichiarato obiettivo ㅡ in linea con la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi ㅡ di una <<totale decarbonizzazione del sistema energetico>> (pag. 5), la scelta di procedere ad un incremento dell’impiego di una fonte fossile come il gas naturale, per quanto meno impattante rispetto ad altre (i.e. petrolio e carbone), appare in prima battuta una contraddizione e necessita pertanto di adeguate valutazioni a sostegno [12].
    Se da una parte è certamente vero che l’elevata flessibilità delle centrali a turbogas offre una valida soluzione come risorsa di backup per bilanciare la produzione intermittente degli impianti rinnovabili, dall’altra le inadeguatezze infrastrutturali della rete richiedono massicci e onerosi interventi di potenziamento e ammodernamento ㅡ evidenziati nella stessa SEN ㅡ indispensabili per sostenere l’aumento delle importazioni nonché per garantire un adeguato livello di sicurezza e di disponibilità degli approvvigionamenti. Sussistono inoltre problemi non trascurabili, sia ecologici che economici, legati all’utilizzo delle centrali termoelettriche in modalità operativa di back-up/load-following; dato che tale modalità comporta la significativa riduzione dell’efficienza termica e del fattore di capacità. In specie, le centrali elettriche alimentate a combustibili fossili, se costrette ad operare a carichi fluttuanti e sub-ottimali per integrare la produzione di quelle a fonti rinnovabili aleatorie/intermittenti (i.e. solare ed eolico) e bilanciare la rete elettrica, inevitabilmente aumentano i propri livelli medi di emissioni dei gas serra per chilowattora prodotto, di fatto annullando una buona parte del contributo delle rinnovabili alla decarbonizzazione del sistema elettrico [13].
  • Ciò che manca nella SEN, in definitiva, è un’adeguata analisi costi/benefici della soluzione proposta, che tenga in considerazione, anche solo a titolo puramente comparativo, tutti gli eventuali scenari tecnologici alternativi, incluso l’impiego dell’energia nucleare o i sistemi di cattura e stoccaggio delle emissioni di carbonio. Sottolineiamo come sia la stessa SEN a rimarcare in più punti il principio della neutralità tecnologica rispetto agli obiettivi di competitività, decarbonizzazione e sicurezza, per il raggiungimento dei quali ci si ripromette di <<utilizzare ogni leva possibile>> (pag. 6) [14] e, specificatamente alle nuove regole del capacity market nel settore elettrico, di <<valorizzare l’apporto di tutte le opzioni tecnologiche disponibili>> (pag. 84).
  • In questo quadro risulta di fatto sorprendente come in tutta la SEN non si faccia alcun riferimento esplicito ai fattori di emissioni di CO2 , come metro per perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione e per quantificare l’evoluzione temporale del mix elettrico. L’unico passaggio di tutto il documento nel quale viene nominato un fattore di emissione, è nell’ambito del meccanismo del capacity market,  con la possibile introduzione di un <<cap emissivo per orientare maggiormente il mercato verso l’offerta di servizi che rispondano all’obiettivo generale di decarbonizzazione del sistema (i.e. 550g per kWh)>> (pag. 99). La proposta è in linea di massima condivisibile, ma il valore numerico è riportato senza alcuna spiegazione e appare del tutto fuori misura. In che modo un limite alle emissioni di 550 gCO2/kWh sulla nuova capacità generativa (si legga la nota a piè pagina numero 12) dovrebbe contribuire alla decarbonizzazione del settore elettrico?

NOTE
[7] BP Statistical Review of World Energy 2017
[8] Technical report on Member State results of the EUCO policy scenarios, http://ec.europa.eu/energy/en/data-analysis/energy-modelling
[9] Fonte: ISPRA, Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2015. National Inventory Report 2017
[10]Fonte: GSE, Rapporto Statistico ㅡ Energia da fonti rinnovabili in Italia ㅡ Anno 2015
[11] La SEN stima investimenti aggiuntivi fino a circa 3 miliardi di euro per raggiungere entro il 2030 il phase-out completo dal carbone.
[12] Il fattore di emissione di CO2 per la produzione di elettricità in Italia tramite gas metano è stato, nel 2013, pari a 369,2 gCO2/kWh (fonte: ISPRA, Rapporto 212/2015). Le mediane degli studi citati dall’IPCC (Special Report on Renewable Energy Sources and Climate Change Mitigation, 2012), che tengono conto delle emissioni sull’intero ciclo di vita (“dalla culla alla tomba”) degli impianti di generazione, sono i seguenti: bioenergie 18 gCO2/kWh, solare fotovoltaico 46 gCO2/kWh, solare a concentrazione 22 gCO2/kWh, geotermico 45 gCO2/kWh, idroelettrico 4 gCO2/kWh, maree 8 gCO2/kWh, eolico 12 gCO2/kWh, nucleare 16 gCO2/kWh, gas naturale 469 gCO2/kWh, petrolio 840 gCO2/kWh, carbone 1001 gCO2/kWh.
[13]Tra gli studi in letteratura a supporto di queste considerazione citiamo: Dolan, Stacey L.; Heath, Garvin A. (2012). “Life Cycle Greenhouse Gas Emissions of Utility-Scale Wind Power Systematic Review and Harmonization”. Journal of Industrial Ecology. 16: S136–S154. doi:10.1111/j.1530-9290.2012.00464.x
[14]Qui come in seguito, le evidenziazioni all’interno delle citazioni sono una scelta degli autori di questo documento.

continua…


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Una risposta

13 09 2017
nucleareeragione2

L’ha ribloggato su Nucleare e Ragionee ha commentato:
La parte più corposa e importante dei commenti alla SEN, quelli relativi al settore elettrico. Numerose le osservazioni critiche, che portano alla seguente conclusione:

Ciò che manca nella SEN, in definitiva, è un’adeguata analisi costi/benefici della soluzione proposta, che tenga in considerazione, anche solo a titolo puramente comparativo, tutti gli eventuali scenari tecnologici alternativi, incluso l’impiego dell’energia nucleare o i sistemi di cattura e stoccaggio delle emissioni di carbonio. Sottolineiamo come sia la stessa SEN a rimarcare in più punti il principio della neutralità tecnologica rispetto agli obiettivi di competitività, decarbonizzazione e sicurezza, per il raggiungimento dei quali ci si ripromette di (pag. 6) e, specificatamente alle nuove regole del capacity market nel settore elettrico, di .

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