Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

26 10 2017

scimmie
Nella giornata di ieri il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e quello dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, hanno presentato gli esiti della consultazione pubblica sulla nuova Strategia Energetica Nazionale.

Si tratta di 805 contributi, inviati da 251 soggetti suddivisi tra rappresentanti di categoria, aziende, società di consulenza, singoli cittadini, associazioni, enti pubblici, università e organismi indipendenti.
Tra questi c’eravamo anche noi, con un documento di 22 pagine che raccoglieva numerosi rilievi e suggerimenti, sia nel metodo adottato dal Governo sia nel merito delle iniziative proposte.

Torneremo in seguito a commentare la sintesi dei contributi presentata dai ministri: un documento di 41 pagine dove molte delle nostre osservazioni, puntuali e precise, sono state completamente ignorate. Non molleremo l’osso molto facilmente.

Quello che ci preme ora commentare, è la seguente tabella di marcia:

timetable_SEN

Pare che il Governo abbia decisamente fretta, e voglia chiudere i conti senza pensarci troppo su. Tutto ciò stride terribilmente con la disponibilità, espressa a parole, di un processo di elaborazione della SEN condiviso e aperto a modifiche, integrazione, miglioramenti, grazie al contributo degli addetti del settore e della società civile. A giudicare dal numero di lavori pervenuti, la risposta dei cittadini è stata positiva: spiace che il frutto di un lavoro febbrile e gratuito, durato oltre quattro mesi, venga ora liquidato in poche settimane.

O vogliamo forse credere che bastino una manciata di giorni, peraltro a cavallo delle festività di Ognissanti e delle celebrazioni del 4 Novembre, per permettere ai funzionari del Ministero di trovare la quadra in mezzo ad un malloppo così massiccio e disomogeneo di contributi, e di correggere il documento nelle numerose parti in cui quasi unanimemente sono giunte segnalazioni di poca chiarezza e di incompletezza?

Nelle 41 pagine di sintesi molte indicazioni – come era logico aspettarsi – sono divergenti tra loro, se non in aperto contrasto. Citando il nostro stesso documento, oggi in maniera ancor più evidente ci <<appaiono poco chiari i criteri e le modalità con cui i Ministeri competenti metteranno in atto il processo di analisi e sintesi delle osservazioni pervenute durante la consultazione pubblica, nonché il loro eventuale recepimento attraverso correzioni, modifiche ed integrazioni al documento finale.>>
In questa tabella di marcia non trova alcuno spazio, come temevamo, un <<confronto dialettico tra le parti>> rendendo pertanto assolutamente fumoso <<il processo di convergenza dei diversi contributi >>.

Una tabella di marcia di questo tipo, lo diciamo senza remore, ha il sapore della beffa.

La nostra proposta, nel merito, era chiarissima: la convocazione di un <<tavolo tecnico allargato (e.g. la Conferenza Nazionale sull’Energia ) nel quale discutere e condividere le proposte migliorative ed integrative, garantendo in questo modo un processo di sintesi il più possibile trasparente e condiviso>>. Rimaniamo convinti che questa sia la strada da perseguire.
Quella intrapresa dal Governo, purtroppo, punta altrove, fingendo di dimenticare le tristi sorti della SEN 2013 (mai applicata…si replicherà?) e dei precedenti 22 anni in cui l’Italia, privata di un Piano Energetico Nazionale, ha navigato a vista e in balia dei venti.





Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – ultima parte

19 09 2017

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9 – Conclusioni

A conclusione di questa nostra analisi della Strategia Energetica Nazionale 2017, riportiamo qui di seguito una sintesi dei principali elementi di criticità da noi riscontrati nel documento di consultazione, assieme ad alcuni suggerimenti e proposte migliorative.

Nel metodo:

  • Riconosciamo il merito dell’attuale Governo di voler elaborare una nuova Strategia Energetica attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti potenzialmente interessati. Riteniamo tuttavia poco chiaro il processo che, dall’analisi delle osservazioni pervenute, dovrebbe portare all’approvazione del testo definitivo: a garanzia del principio di trasparenza, suggeriamo che a conclusione del periodo di consultazione vengano resi pubblici tutti i contributi pervenuti e che venga in seguito convocato un tavolo tecnico allargato (e.g. la Conferenza Nazionale sull’Energia) nel quale analizzare e discutere le diverse proposte, garantendo in questo modo un confronto tra le parti e un processo di sintesi il più possibile trasparente e condiviso.
  • Nella SEN 2013 venivano evidenziate diverse criticità relative alla governance del settore energetico, che a distanza di quattro anni sono ancora irrisolte. Preso atto della rinuncia alla modifica dell’articolo 117 della Costituzione, la SEN 2017 si limita ad auspicare un maggior dialogo con le amministrazioni locali, sottolineando la centralità del ruolo delle Regioni nel processo decisionale.
    Al fine di evitare gli errori compiuti nel recente passato, suggeriamo al legislatore di definire con più chiarezza gli attributi giuridici della SEN e gli effettivi strumenti attuativi a disposizione del Governo, soprattutto per quanto riguarda la definizione, l’approvazione e la realizzazione delle infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale, di cui la nuova SEN si fa portatrice (e.g. potenziamento della rete elettrica, nuovi impianti di rigassificazione, gasdotti, centrali termoelettriche, stoccaggio di idrocarburi) e che potrebbero facilmente portare a lunghi contenziosi tra lo Stato centrale e le amministrazioni locali.

Nel merito:

  • Riteniamo che l’orizzonte temporale di riferimento della SEN sia ridotto e non permetta di giudicare i benefici sul lungo termine degli interventi proposti. Se da una lato gli obiettivi al 2030 sono coerenti con le scadenze e i traguardi stabiliti a livello comunitario nell’ambito del Clean Energy Package, dall’altro lato è importante che il documento evidenzi anche una visione strategica di più largo respiro, identificando il percorso verso la totale decarbonizzazione del sistema energetico entro il 2050,  così come delineato nell’Energy Roadmap 2050.
  • Tutte le analisi e proiezioni della SEN appaiono completamente scorporate dallo studio dell’andamento demografico e delle dinamiche macroeconomiche in atto nel nostro Paese. Si tratta a nostro parere di un’impostazione errata della prospettiva di analisi. Gli impatti della struttura demografica in fase di riassestamento già da qualche decennio potrebbero manifestarsi anche nel breve periodo nel settore energetico (lato domanda) e nel medio periodo in quello industriale e tecnologico (lato offerta), con effetti certamente non prevedibili in ogni aspetto, ma che meritano urgenti considerazioni per lo studio di soluzioni preventive e mitigative.  
  • La SEN rimarca, correttamente e coerentemente con le proiezioni degli organismi internazionali, il ruolo del vettore elettrico nel processo di decarbonizzazione dell’economia. Tuttavia, il documento non fornisce alcuna stima, neppure generica, sull’andamento del fabbisogno elettrico italiano e sulle ripercussioni di una maggiore elettrificazione dei consumi sulla produzione nazionale di energia elettrica e sul bilancio import-export.
  • La SEN stabilisce una penetrazione delle fonti rinnovabili fino al 50% sul fabbisogno elettrico entro il 2030, proponendo inoltre tre diversi scenari per il phase-out parziale o completo del carbone. La composizione complessiva del mix generativo rimane tuttavia poco chiara: non si comprende, nel documento, di quanto aumenterà il ruolo del gas metano e se, in ottica di decarbonizzazione, è previsto anche il phase-out degli impianti alimentati a petrolio o suoi derivati.
  • La scelta di basarsi sul gas per sopperire alla aleatorietà delle fonti rinnovabili, a nostro parere è in contraddizione con gli stessi obiettivi dichiarati dalla SEN, essendo il gas pur sempre una fonte fossile e clima-alterante, le cui difficoltà di approvvigionamento sono già largamente discusse nella SEN.
  • Sempre relativamente al settore elettrico, riteniamo che gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di cui ai punti precedenti non siano adeguatamente supportati da un’analisi dei costi, in particolare per quanto riguarda gli investimenti necessari all’installazione di nuova capacità rinnovabile, al repowering degli impianti che giungeranno a fine vita, al maggior fabbisogno (non quantificato nel testo) di gas metano come fonte baseload e/o di backup, nonché agli adeguamenti dell’infrastruttura di approvvigionamento.  
  • In generale, risultano carenti le valutazioni sul reale impatto che gli obiettivi fissati e gli interventi proposti avranno sulla decarbonizzazione, ad esempio in termini di riduzione della densità di emissione di gas clima-alteranti per unità di elettricità prodotta (gCO₂/kWh) o di mancate emissioni a seguito dell’elettrificazione dei consumi domestici e del trasporto pubblico e privato.
  • In particolare, pesa l’assenza di un’analisi anche solo abbozzata delle emissioni legate all’intera filiera, ossia al ciclo di vita di impianti, sistemi e componenti mediante i quali si intende incrementare l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. È innegabile infatti che solo grazie a questo tipo di analisi (Life Cycle Assessment) ogni sforzo di riduzione del tenore di carbonio del settore energetico nazionale, ossia a livello locale, potrà ottenere risultati concreti nel bilancio della decarbonizzazione a livello mondiale: un valore anche bassissimo di intensità carbonica raggiunto in una determinata area geografica ed economica non può avere effetti positivi globali se ottenuto a discapito di un incremento di tale intensità altrove.
  • Nonostante nella SEN si affermi l’intenzione di  <<utilizzare ogni leva possibile>>, il mix energetico proposto pare ridursi a una combinazione gas-rinnovabili senza che questa scelta sia adeguatamente argomentata rispetto ad altre soluzioni tecnologicamente altrettanto valide. A nostro parere, sarebbe opportuno confrontare  tutti i possibili scenari di decarbonizzazione, incluso per esempio quello che prevede l’utilizzo di energia nucleare per contribuire alla frazione baseload del mix elettrico. Bisognerebbe infine, sulla base di un’analisi costi-benefici stabilire quale sia la soluzione ottimale da un punto di vista della riduzione delle emissioni clima-alteranti, della fattibilità economica e della sicurezza energetica.
  • Sebbene l’Italia dipenda fortemente dalle importazioni di combustibili fossili e nel documento vengano ampiamente sottolineate e discusse le numerose e gravi problematiche di sicurezza degli approvvigionamenti, la nuova SEN certifica un netto calo della produzione nazionale di idrocarburi.  Tuttavia, il mancato sostegno alle attività estrattive di gas e petrolio non viene discusso né giustificato. Risulta inoltre in netta controtendenza sia rispetto all’aumento previsto del fabbisogno (in particolare di metano) sia rispetto alle analisi del documento strategico del 2013 sulle potenzialità delle riserve di gas e petrolio sul territorio italiano e sui positivi impatti economici e occupazionali di un aumento delle estrazioni.
    Alla luce di queste osservazioni, suggeriamo di integrare la SEN con un’analisi costi/benefici della decisione di non ricorrere ad un aumento delle attività estrattive, che permetta di valutarla in termini comparativi ㅡ dal punto di vista dell’impatto ambientale, economico e sociale ㅡ rispetto a tutti gli altri interventi che vengono proposti nel documento e solo finalizzati ad un aumento della capacità di importazione di gas (i.e. rigassificatori e gasdotti).
  • Relativamente al settore dei trasporti, proponiamo che la SEN definisca in maniera più chiara gli obiettivi di elettrificazione dell’autotrazione privata. Le indicazioni sul numero di colonnine di ricarica elettrica previste per il 2020 appaiono vaghe e riferite ad un orizzonte temporale troppo limitato.  Risulta inoltre assente una valutazione sugli effetti che una massiccia elettrificazione dei trasporti potrà avere sull’andamento dei consumi, sui costi infrastrutturali per gestire il carico di potenza in occasione dei picchi di ricarica, sulla necessità di ridefinire norme, protocolli e regimi di tassazione dell’elettricità. Consigliamo inoltre di introdurre un capitolo dedicato all’idrogeno come vettore energetico ed in particolare per l’utilizzo in celle a combustibile (FC) nei veicoli elettrici. L’idrogeno infatti, opportunamente prodotto potrebbe avere in futuro un ruolo chiave nella riduzione delle emissioni e nel miglioramento dell’efficienza nei trasporti.
  • Per quanto riguarda il capitolo dedicato alla ricerca, cogliamo positivamente l’intenzione di procedere ad una razionalizzazione degli investimenti e una semplificazione delle procedure. Altrettanto condivisibile è la volontà di sostenere la ricerca e l’innovazione nel settore delle energie rinnovabili, che anche a causa di generosi incentivi erogati solo sul lato della domanda, negli ultimi decenni hanno registrato un miglioramento delle prestazioni piuttosto limitato, con una penalizzazione delle filiere produttive nazionali, rimaste poco competitive rispetto alla concorrenza.
    Nella stesura di questo capitolo, risulta tuttavia evidente uno scarso coinvolgimento di università, centri di ricerca ed industria che avrebbero dovuto e potuto dare un contenuto più specialistico e puntuale, rimarcando i settori tecnologici nei quali il nostro Paese già oggi può vantare qualità ed eccellenza.In particolare, riteniamo che nella SEN siano state tralasciate le ricerche su alcune tecnologie di primaria importanza per la decarbonizzazione, tra cui il nucleare di IV generazione e la fusione. Proponiamo dunque di coinvolgere maggiormente gli enti di ricerca per la stesura di questa sezione e di definire un preciso elenco di priorità nel campo della ricerca ed innovazione.

APPENDICE: Chi siamo

Il Comitato Nucleare e Ragione nasce nel 2011 nell’immediatezza dell’incidente nucleare di Fukushima, mentre è in corso la campagna informativa in vista del Referendum abrogativo sul nucleare come nuova fonte energetica.
L’informazione generalista a quel tempo prese una piega del tutto propagandistica e tutt’altro che scientifica, dunque alcuni giovani si mobilitarono per diffondere una visione più obiettiva dei fatti, con un approccio scientifico; diversi furono gli incontri pubblici nel corso dei quali scienziati ed esperti del settore svelarono in maniera accessibile a tutti gli aspetti scientifici più reconditi della radioattività, spesso poco conosciuti ma vicini alla realtà di tutti. I temi affrontati furono non sono l’energia nucleare come fonte energetica tramite fissione, ma anche gli usi sanitari e industriali della radioattività.
Il Comitato ha monitorato e continua a monitorare l’evoluzione dell’incidente di Fukushima, con pubblicazioni e conferenze periodiche e persegue la propria opera divulgativa sull’energia, in particolare quella da fonte nucleare, con regolari approfondimenti tramite web e social networks e visite tecniche a impianti di produzione.
In seguito all’esito della consultazione referendaria sull’energia nucleare, preso atto del fatto che l’abbandono dell’energia elettronucleare da fissione lasciava aperti numerosi interrogativi sulle strategie di approvvigionamento energetico dell’Italia, il Comitato redigette il documento “Una Costituzione Energetica per l’Italia”[24] al fine di promuovere la convocazione di una Conferenza Nazionale sull’Energia per la stesura di un nuovo piano energetico nazionale.
Tra il 2012 e il 2013, in occasione della consultazione pubblica sulla SEN del governo Monti, alla voce del Comitato si unirono, tramite un appello online, oltre 500 tra cittadini e associazioni[25]. Un’interrogazione parlamentare trasversale sull’opportunità di convocare la Conferenza nazionale sull’Energia giace inevasa dal maggio 2013.
In occasione del ciclo di conferenze tenutosi durante la manifestazione “Fare i conti con l’Ambiente” a Ravenna nel 2015, è nato il “gruppo di lavoro e pensiero” denominato “Energie per l’Italia del futuro”, gruppo aperto ed apolitico in cui sono confluite e continuano a crescere sinergie culturali di diversa provenienza. Non si tratta né di una associazione né di altro che una sorta di luogo virtuale di incontro, tra ricercatori scientifici, tecnologi, economisti ed ambientalisti, ecc… una sorta di pensatoio alimentato principalmente dalla inquietezza intellettuale del Comitato Nucleare e Ragione ma aperto a tutti coloro che hanno a cuore il futuro energetico dell’Italia.
Il Comitato Nucleare e Ragione è iscritto al registro per la Trasparenza dell’Unione Europea.

[24] https://conferenzaenergia.wordpress.com/scarica-il-documento/
[25] https://conferenzaenergia.wordpress.com/adesioni-allappello/





Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 6

18 09 2017

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8 – Tecnologia, Ricerca e Innovazione

 

  • È degna di nota la presa di coscienza che le innovazioni tecnologiche registrate negli ultimi anni in Europa, in particolare nel settore delle rinnovabili elettriche, siano state <<raggiunte essenzialmente grazie a politiche di sostegno della domanda di tecnologie, non accompagnate, però, da adeguate e coerenti politiche lato offerta. Ciò ha comportato non solo massicce importazioni di componenti ma anche, talora, lo spiazzamento di alcune realtà produttive presenti in Italia e in Europa.>> (pag. 193) In particolare in Italia <<l’ingentissimo sforzo finanziario per il sostegno alla produzione energetica da fonti rinnovabili ha dato luogo a risultati assai parziali quanto a capacità di trainare innovazione e creazione di filiere produttive>> (pagg. 196-197).
  • Nonostante l’Italia possa vantare eccellenze in molti campi del settore energetico, la situazione della R&D risulta decisamente carente, <<a causa delle limitate risorse economiche, della frammentazione degli attori coinvolti e dell’assenza di coordinamento>> (pag.195).
  • In particolare, relativamente alle attività di ricerca gestite direttamente dalle Amministrazioni Pubbliche, la SEN evidenzia come i risultati siano stati finora del tutto insoddisfacenti, con una scarsa correlazione tra l’attività pubblica e il sistema produttivo che dovrebbe beneficiare delle ricadute tecnologiche, ed un <<utilizzo non coordinato, talora parziale e farraginoso, degli strumenti disponibili>> (pag. 198).
  • Tali problematiche strutturali ed organizzative delle attività di ricerca e innovazione emergono nonostante l’Italia aderisca a diversi programmi internazionali, che dovrebbero rappresentare il framework di riferimento per un sostegno coordinato e coerente degli investimenti, sulla base di ambiti di priorità: Mission Innovation, BEC (Breakthrough Energy Coalition), SET Plan (Strategic Energy Technology), Horizon 2020.
  • Alla luce di queste e altre osservazioni critiche, condividiamo la necessità espressa nella SEN di un deciso cambio di rotta, con un rinnovato e più coordinato sforzo in ricerca e sviluppo, finalizzato a una transizione energetica che offra, a costi ragionevoli, anche maggiori opportunità in termini di sviluppo industriale ed occupazionale.  
    Da questo punto di vista la SEN auspica un maggior impegno pubblico e l’attrazione di investimenti privato. A proposito dell’impegno pubblico la SEN sottolinea come ancora prima di incrementare la spesa pubblica sia necessario razionalizzare e semplificare gli strumenti esistenti per rendere la spesa pubblica stessa più efficace. Quanto pare essere trascurato è il fatto che a contribuire all’innovazione possano essere in larga parte soggetti privati operanti in condizioni di piena concorrenza: si pensi all’aumento dell’efficacia, alla riduzione dei costi, alla crescita dei servizi offerti dal settore telefonico dopo la liberalizzazione completa del settore. D’altro lato la SEN sembra caratterizzarsi per un approccio sostanzialmente regolatorio e pianificatore, non sufficientemente orientato a creare le condizioni giuste per l’esercizio del libero mercato, i cui esiti sono spesso inevitabilmente impredicibili.
  • Al di là della necessità di una maggiore coerenza e razionalizzazione delle attività di ricerca e innovazione, la SEN elenca, seppur genericamente, gli ambiti di azione più rilevanti: <<fonti rinnovabili ㅡ e, tra esse, il solare e, più in prospettiva, la geotermia, l’energia del mare (moto ondoso, maree e correnti) ㅡ sistemi per l’accumulo, dispositivi d’impianto per la sicurezza del sistema elettrico, mobilità elettrica, bioraffinerie, materiali, processi e sistemi per l’efficienza energetica dell’industria e degli edifici>> (pag. 199).
    L’intento di supportare la ricerca sulle fonti rinnovabili è certamente condivisibile; tuttavia, come riportato nella stessa SEN, queste tecnologie hanno negli anni beneficiato di incentivi soltanto nel lato della domanda, con sostegni economici “a pioggia”, che hanno di fatto limitato il miglioramento delle filiere produttive e delle prestazioni dei prodotti. Considerato il livello di maturità raggiunto dalla tecnologia degli impianti che sfruttano le fonti energetiche rinnovabili, ci appare evidente la necessità di un cambio di rotta, indirizzato verso una transizione energetica sostenibile sul lungo periodo, che punti a sistemi di conversione dell’energia capaci di rispondere in toto e non solo in parte ai criteri di affidabilità, disponibilità, resilienza, efficienza ed economicità, tenuto conto dell’intero ciclo di vita di ogni componente e dei relativi impatti sulla biosfera. A tal fine suggeriamo di introdurre nella SEN lo studio di meccanismi di incentivazione e di regolamentazione che siano in grado di preparare il “terreno economico e politico” ideale per lo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale sempre più performanti.
  • Riteniamo inoltre che questa parte del documento sia stata redatta senza tenere in debita considerazione l’effettivo e potenziale contributo di università, centri di ricerca ed industria. Infatti, la lista di temi riportata nel punto precedente risulta essere a nostro avviso parziale, poiché vengono omesse alcune tecnologie chiave per la decarbonizzazione, nonostante l’industria e la ricerca italiana siano attive in molti di questi campi. Per esempio:

1 – Fissione nucleare: reattori e sistemi nucleari avanzati (già in fase di costruzione, commercio ed utilizzo); reattori nucleari di quarta generazione (che permettono tra le altre cose una riduzione dei rifiuti radioattivi ed un loro parziale “riciclo”); reattori nucleari “modulari”, di media e piccola taglia (i.e. SMR) [18]
2 – Fusione nucleare [19]
3 – Idrogeno come vettore energetico [20]
4 – Celle a Combustibile (FC) [21]
5 – Sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) [22]

  • I già citati progetti internazionali di sviluppo (Mission Innovation, BEC, SET Plan, Horizon 2020) considerano con molta attenzione le potenzialità delle tecnologie di cui al punto precedente [23].  Di conseguenza e a maggior ragione, riteniamo che tali tecnologie debbano trovare adeguato spazio nella SEN, in una prospettiva di innovazione a lungo termine e di largo respiro. 

[18] http://www.enea.it/it/Ricerca_sviluppo/lenergia/nucleare/fissione-nucleare
[19]
https://www.researchitaly.it/news/a-padova-i-primi-passi-verso-la-fusione-nucleare/http://www.enea.it/it/Ricerca_sviluppo/lenergia/nucleare/fusione-nucleare
[20] https://www.researchitaly.it/successi/l-idrogeno-si-estrarra-grazie-a-nanotubi-e-supercatalizzatori/
[21] http://care.unimarconi.it/attivita/
[22] http://www.enea.it/it/Ricerca_sviluppo/lenergia/ricerca-sistema-elettrico/combustibili-fossili-e-ccs/report
[23] https://setis.ec.europa.eu/system/files/integrated_set-plan/setplan_doi_nuclear-final.pdf

 





Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 5

15 09 2017

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6 Linee d’azione: efficienza energetica

  • Nel campo dell’efficienza energetica la SEN si mantiene molto vaga, facendo forza sul dato che vede l’Italia aver già raggiunto gli obiettivi di efficienza fissati dalla SEN 2013 per il 2020 (ovvero un consumo di energia primaria pari a 158 Mtep e di energia finale pari a 124 Mtep), traguardo ㅡ come rimarca anche il testo ㅡ raggiunto anche grazie alla concomitante crisi economica.
  • Nel suo complesso il capitolo dedicato all’efficienza è incentrato su questioni economiche come l’alto costo sistemico degli interventi di riqualificazione energetica del settore residenziale finanziati tramite il meccanismo delle detrazioni fiscali e, d’altro canto, il fatto che tale meccanismo escluda di fatto i redditi più bassi ㅡ quelli maggiormente esposti alla povertà energetica ㅡ dall’accesso ad interventi di riqualificazione.
    La correzione proposta dalla SEN al primo problema è la modulazione della detrazione in base all’incisività dell’intervento, ovvero in base al risparmio energetico effettivamente atteso. L’idea ci appare di per sé funzionale, ma intravediamo il rischio di ulteriori costi (di progettazione e certificazione ad esempio), che finirebbero per scoraggiare ulteriormente i possibili beneficiari.
    Sul secondo punto la proposta di estendere la portabilità del credito d’imposta appare un po’ debole. A nostro avviso sarebbe più incentivante l’adozione di una detrazione su un intervallo di tempo inferiore (ad esempio un anno) prevedendo anche un credito di imposta (o vero e proprio sussidio) per i redditi molto bassi.
  • A nostro avviso, dato che la produzione di calore per i soli settori residenziale e terziario costituisce il 27% dei consumi finali di energia, e dato che la tipologia di interventi di riqualificazione si basa su di una filiera prevalentemente nazionale, tali consumi andrebbero aggrediti con maggior coraggio e con maggiore incisività economica rispetto, ad esempio, all’incentivazione del fotovoltaico per la produzione elettrica.
  • Nel settore dei trasporti ㅡ che da solo assorbe il 33% dei consumi ㅡ troviamo lodevole la proposta denominata “cura del ferro” in ambito urbano. Dobbiamo tuttavia rimarcare come la maggior parte dei consumi sia imputabile al trasporto extraurbano, e la riconversione del sistema di trasporto nazionale in un sistema basato sul trasporto ferroviario richiederebbe non solo ingenti risorse economiche ma anche un deciso cambio di passo culturale e politico.
    Si potrebbe, ai fini pratici, focalizzare i primi interventi sul trasporto merci a lungo raggio, quantificando obiettivi minimi (in termini di tonnellate) di merci da spostare da gomma a rotaia entro il 2030. Altre iniziative, come la sensibilizzazione al car sharing e in generale alla mobilità sostenibile, hanno effetti prevalentemente cosmetici.
  • Grande assente rimane un accenno al settore ricerca e sviluppo, che probabilmente, anche sull’intervallo di un decennio, avrebbe qualcosa da offrire, specie nell’ambito dei trasporti.
  • Infine, ben vengano iniziative di sensibilizzazione pubblica, purché chiare e mirate all’efficientamento dei consumi e non piuttosto alla loro compressione. Si nota infatti spesso una certa confusione, nei mezzi di informazione generalisti e nell’opinione pubblica, tra risparmio energetico ed efficienza energetica. L’efficienza energetica deve essere volta a ridurre i consumi a parità di benessere, e le sole abitudini scorrette o malsane (ad esempio un eccessivo riscaldamento o raffrescamento degli ambienti) dovrebbero eventualmente essere oggetto di campagne di sensibilizzazione.

7 – Linee d’azione: trasporti

  • Nel merito del settore dei trasporti, riteniamo che la SEN debba definire con chiarezza l’obiettivo di elettrificazione della trazione automobilistica, stabilendo traguardi precisi nel breve, medio e lungo periodo. Nella Figura 21 a pag. 47 della SEN, si ipotizza un numero di punti di ricarica elettrica al 2020, tra 6.500 e 19.000. Non esiste dunque un obiettivo preciso in tal senso, nonostante l’orizzonte temporale sia di poco inferiore ai tre anni. Inoltre, per uniformità di trattazione, sarebbe opportuno stabilire un obiettivo anche al 2030, coerentemente con le previsioni di crescita relativi ai punti vendita eroganti GNC/GNL. Resta inoltre da definire chi e come provvederà all’installazione dei suddetti punti di ricarica per auto elettriche.
  • La SEN mette in primo piano i bio-combustibili. Infatti si parla di raddoppiare la quota obbligatoria di componente bio entro il 2020. Bisognerebbe però valutare da quali fonti primarie si intende attingere per raggiungere questo risultato. In particolare non è chiaro se si intenda utilizzare anche colture energetiche e in caso positivo una stima del terreno attualmente disponibile a tale scopo.
  • Non viene neppure menzionato il  vettore energetico idrogeno, che utilizzato nelle celle a combustibile, potrebbe in futuro fornire una valida alternativa ai combustibili fossili nel trasporto su strada. Non è chiaro se sia stata scartata a priori la possibilità di un piano di potenziamento delle stazioni di ricarica, che ad oggi in Italia ammontano a meno di una decina[16]. Di conseguenza, suggeriamo l’inclusione nella SEN di un capitolo dedicato all’argomento, che comprenda lo studio di una opzione di incremento del suo utilizzo e stoccaggio e di una eventuale produzione nazionale, viceversa la giustificazione dell’inopportunità o inutilità della suddetta opzione.
  • Come da noi già evidenziato nel capitolo relativo agli interventi sul settore elettrico, la SEN in esame non considera le ripercussioni di una massiccia elettrificazione dei trasporti su gomma per uso personale sulla produzione nazionale di energia elettrica e sul bilancio import-export. In particolare, non è chiaro come un mix energetico a forte penetrazione di fonti rinnovabili aleatorie/intermittenti (i.e. fotovoltaico ed eolico) possa far fronte ai picchi di domanda notturni, generati dalla ricarica dei veicoli elettrici a batteria, né come possa garantire il basso tenore di carbonio della fornitura elettrica in corrispondenza delle finestre temporali di maggiore domanda legate alle esigenze di ricarica di un parco auto elettriche previsto in forte sviluppo.
    Già oggi, come riportato nella SEN a pagina 81, la rete elettrica presenta dei rischi in termini di adeguatezza e sicurezza della fornitura, a causa della riduzione della potenza termoelettrica e della limitata disponibilità delle fonti rinnovabili in particolari fasce orarie, nonché della loro intrinseca variabilità.
  • Nonostante sia stimato un certo contributo percentuale alla decarbonizzazione del settore energetico legato all’aumento della penetrazione elettrica nei trasporti, nella SEN non è esplicitato il calcolo del peso relativo dei veicoli elettrici (VE), ossia il valore della riduzione delle emissioni al netto dei grammi di anidride carbonica equivalente immessi per chilometro percorso da questo tipo di autoveicoli. Un valore nullo associato alle emissioni su strada dei VE costituirebbe un assunto inaccettabile ai fini di un reale beneficio per l’Ambiente.
  • In prospettiva di una massiccia penetrazione già nei prossimi anni (5 milioni di veicoli, tra 100%-elettrici e PHEV[17], attesi al 2030, secondo quanto dichiarato nella SEN a pag. 59), l’eventuale utilizzo dei VE per trasporto su strada quale sistema integrato di decarbonizzazione del settore energetico richiede lo sviluppo prioritario di norme, standard, protocolli, oltre a quello delle infrastrutture necessarie per un uso diffuso. Nella SEN non viene neppure menzionata tale esigenza. Suggeriamo di studiare già da ora almeno alcune norme funzionali per la tariffazione in bolletta domestica o alla colonnina di ricarica, approfondendo, per esempio, le potenzialità legate all’implementazione dello smart metering (i.e. l’utilizzo di “contatori intelligenti”, di cui si fa cenno a pagg. 152 e 164).   
  • Per quanto concerne il costo del chilowattora elettrico nella SEN non vengono analizzati eventuali impatti legati al previsto sviluppo dell’utilizzo di VE. Riteniamo, invece, già ora urgente almeno uno studio per una equa tassazione che non penalizzi indiscriminatamente tutti gli utenti elettrici qualora si verificasse l’esigenza di  “ricalibrare” il gettito fiscale dello Stato a seguito di mancati introiti dalle accise a carico dei consumatori di carburante per motori a combustione interna.
  • Associate all’utilizzo dei VE devono essere tenute in conto anche le emissioni legate in generale alle attività di fabbricazione dei veicoli ed in particolare al ciclo di vita delle batterie. Di queste ultime suggeriamo che venga analizzata in tutte le sue criticità l’implementazione di un sistema di smaltimento/riciclo. In una prima fase di bassa penetrazione dei VE nel settore dei trasporti questo tipo di analisi potrebbe essere non necessaria, ma in prospettiva di un forte sviluppo in questo senso anche del settore manifatturiero nel nostro Paese, tale analisi diventa imprescindibile.

[16] http://www.mobilitah2.it/
[17] PHEV: Plug-in Hybrid Electric Vehicle





Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 4

14 09 2017

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4  – Linee d’azione: gas

  • Nel 2015 il gas naturale ha inciso per circa il 35% sui consumi energetici primari e per il 40% sulla produzione lorda di elettricità, con un saldo delle importazioni superiore al 90%. I dati preliminari del 2016 indicano un aumento del fabbisogno di questo combustibile fossile (+5%), e una contestuale notevole diminuzione della produzione nazionale (-14,6%). Ne deriva un tendenziale aggravio della dipendenza dai fornitori esteri.
  • Nonostante l’Italia sia il Paese europeo con la più elevata dipendenza dal gas naturale, il sistema di approvvigionamento di questo combustibile fossile presenta numerose e gravi criticità strutturali, che rischiano di compromettere le forniture nel breve e nel medio periodo, e che già oggi determinano un gap di competitività, a causa degli elevati differenziali di prezzo rispetto ai mercati del nord Europa. In particolare, la SEN mette in evidenza le seguenti problematiche: una scarsa diversificazione dei fornitori; numerosi contratti commerciali di fornitura o di transito in scadenza al 2019, che necessitano una rapida rinegoziazione; una incompleta integrazione della rete e del mercato italiano rispetto ai Paesi nord-europei, con una limitata disponibilità delle importazioni via gasdotti e GNL.
  • In questo contesto viene rimarcato il rischio che una sospensione totale e prolungata delle importazioni da parte di un singolo fornitore (e.g. la Russia, da cui proviene più del 40% del gas), a causa di instabilità geopolitiche del Paese di origine o dei Paesi attraversati dalle linee di rifornimento oppure in seguito ad eventi meteorologici estremi, possa avere ripercussioni gravi sul sistema di approvvigionamento nazionale.
  • A differenza della SEN 2013, la nuova Strategia Energetica prevede al ribasso la produzione italiana di gas naturale, dai 5,8 miliardi di metri cubi annui del 2016 (pag. 89) ai 4,2 del 2030. Questo calo è in contrasto con il previsto aumento del fabbisogno complessivo e con l’accertata e non trascurabile disponibilità di riserve sul territorio nazionale. La SEN identifica le cause di tale tendenza nei <<limiti alle operazioni offshore>> e nelle <<difficoltà di operare in un contesto territoriale ormai generalmente avverso a tali attività e di far fronte al complesso iter burocratico legato alle intese regionali>> (pag. 89).
  • Risulta di fatto assente qualsiasi riferimento al sostegno alla produzione nazionale di idrocarburi, che secondo la SEN 2013 avrebbe consentito un incremento estrattivo di gas del 46% entro il 2020 rispetto al 2011, garantendo una prolungata e consistente riduzione della fattura energetica ed un rafforzamento degli approvvigionamenti dal punto di vista della sicurezza e della resilienza del sistema.
  • La SEN 2013 riportava un’analisi piuttosto dettagliata sulle potenzialità delle riserve di idrocarburi italiani e sull’impatto nel breve e nel lungo periodo degli interventi di incremento della produzione, in termini occupazionali e di investimenti. Risulta incomprensibile come questa analisi sia stata semplicemente derubricata, senza alcuna considerazione nel merito (impatto ambientale, sociale, economico), che giustifichi il cambio di rotta.
  • Come già segnalato in altri frangenti, anche in questo caso la SEN esprime una linea di indirizzo non suffragata da una valutazione costi/benefici che permetta di comprenderne la ratio dal punto di vista tecnico. Anche dinanzi a scelte come in questo caso dettate probabilmente da considerazioni di carattere politico, riteniamo che la SEN non possa esimersi dal formulare un’analisi comparativa, soprattutto in considerazione del fatto che gli interventi alternativi proposti sono altrettanto impattanti sul territorio e potenzialmente a rischio di avversione da parte dell’opinione pubblica, con possibili interminabili contenziosi tra il Governo e le amministrazioni locali e regionali (si veda il punto successivo).
  • La SEN, oltre a illustrare gli interventi già in atto per il breve periodo (e.g. Il gasdotto TAP, operativo a partire dal 2020), elenca alcune iniziative aggiuntive a sostegno della diversificazione delle forniture, della capacità di import e del potenziamento della flessibilità e della resilienza della rete di trasporto nazionale. Si tratta di interventi infrastrutturali strategici, alcuni dei quali, come anticipato, non esenti da possibili problematiche legate alla public acceptance, come per esempio il gasdotto Poseidon, la costruzione di nuovi siti di stoccaggio e lo sviluppo di nuovi impianti di rigassificazione. Riguardo a questi ultimi, la SEN mira a garantire per il 2025 un incremento della capacità di rigassificazione di circa 11 miliardi di metri cubi annui (bcma), con un aumento del 72% rispetto alla capacità complessiva dei tre terminali attualmente operativi, che ammonta a 15,2 bcma (pagg. 126-127).
  • Relativamente alla realizzazione delle opere elencate nel punto precedente, ribadiamo quanto già espresso al termine della sezione concernente i commenti sulla governance dell’energia. Qualora si presentassero conflitti istituzionali tra Stato e Regioni, come accaduto anche in tempi recenti, chi deciderebbe cosa, quando e come?

5 – Linee d’azione: petrolio

  • I prodotti petroliferi hanno coperto nel 2016 quasi il 40% del fabbisogno energetico primario, per un ammontare di 58,1 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep), con una dipendenza dalle importazioni pari al 94%.
  • Nonostante la SEN preveda una contrazione della domanda al 2030 di circa 12 Mtep (pag. 188), il petrolio continuerà a ricoprire nel nostro Paese un ruolo fondamentale per diversi decenni soprattutto nel settore dei trasporti, anche se in misura diversa a seconda dei possibili scenari di penetrazione dei veicoli a trazione elettrica.
  • L’insieme di interventi proposti nel settore per il 2030 appare ad ogni modo piuttosto limitato, stante l’assenza di criticità nel sistema di approvvigionamento. 
  • Anche per quanto riguarda il petrolio (vedasi analogo commento nella sezione dedicata al settore del gas) è da rilevare come nella nuova SEN sia stato completamente eliminato, senza giustificazioni in merito, qualsiasi riferimento al sostegno alla produzione nazionale. Secondo il documento del 2013 sarebbe stato possibile incrementare le estrazioni di greggio del 148% rispetto al valore del 2011, con un relativa consistente contrazione delle importazioni.




Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 3

13 09 2017

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3 – Linee d’azione: settore elettrico

  • Le proposte avanzate nella SEN mirano essenzialmente al raggiungimento della quota del 50% delle fonti rinnovabili sul fabbisogno elettrico (rispetto al valore del 33,5% del 2015), e agli interventi di adeguamento della rete già oggi necessari per mitigare le criticità ㅡ in termini di affidabilità, flessibilità e resilienza ㅡ che affliggono il sistema elettrico italiano. Ci si attende che tali criticità, se non adeguatamente affrontate, diventeranno ancor più evidenti proprio con il crescere del livello di penetrazione delle fonti rinnovabili aleatorie (i.e. fotovoltaico ed eolico) sul mix generativo.
  • Il quadro delineato dagli estensori della SEN, tuttavia, lascia in sospeso due questioni essenziali:
    quale livello di elettrificazione della domanda ci si attende di raggiungere nel 2030 e, in prospettiva, nel 2050;
    – quale sarà di conseguenza il fabbisogno elettrico nel 2030 e, in prospettiva, nel 2050.
  • Relativamente a questi aspetti, la SEN omette di formulare qualsiasi considerazione quantitativa, rendendo complicata ogni considerazione nel merito delle proposte presentate. Nel testo ci si limita infatti a brevi e frammentari accenni (alle pagine 59, 98 e 150) che lasciano intendere una previsione di <<aumento della domanda, dovuto alla crescente diffusione del vettore elettrico nei consumi domestici e nei trasporti, in parte compensato da una riduzione per effetto dell’incremento dell’efficienza energetica>> (pag.150).
  • Per inciso, è da rilevare che le previsioni di aumento della domanda elettrica in Italia, pur generiche e prive di qualsiasi supporto numerico, sembrano contraddire le stime delle elaborazioni EUCO citate come riferimento, secondo le quali la produzione elettrica nell’Unione Europea nei diversi scenari di efficienza energetica (figura 6 a pagina 36) dovrebbe rimanere al più invariata o diminuire fino al 14%.
    Il previsto aumento del fabbisogno elettrico è invece in linea con i già citati scenari “New Policies” e “450ppm” del WEO (per l’Unione Europea rispettivamente +18% e +13% al 2040, rispetto ai valori del 2014), nonché con le proiezioni dell’Energy Roadmap 2050, secondo cui gli obiettivi europei di decarbonizzazione verranno raggiunti solamente con un raddoppio della quota elettrica sui consumi energetici finali, rispetto ai valori del 2005, che erano pari al 20,2%. Anche secondo l’EU Reference Scenario 2016 la quota elettrica è destinata a crescere fino al 25% nel 2030 e fino al 28% nel 2050.
  • È da notare che per l’Italia, la frazione di produzione elettrica rispetto ai consumi energetici finali è stata nel 2016 di circa il 16%[7]; gli scenari EUCO stimano che questo valore sia destinato a crescere per il nostro Paese solo fino al 18-19%[8], con un tasso quindi inferiore sia rispetto a quanto prospettato nella Roadmap 2050, sia rispetto all’EU Reference Scenario.
  • È anche alla luce di queste divergenze modellistiche, che riteniamo quanto mai opportuno che la SEN proponga una linea d’indirizzo più chiara in merito al ruolo del vettore elettrico nei consumi globali, anche in relazione all’entità che certe misure proposte potrebbero avere sul fabbisogno (e.g. i 5 milioni di veicoli elettrici e ibridi elettrici plug-in stimati al 2030, come dichiarato a pagina 59).
  • Complessivamente, le linee d’azione prospettate nel settore elettrico, oltre a non essere supportate da alcun dato previsionale sul fabbisogno complessivo, appaiono formulate in maniera disorganica e lacunosa, rendendo se possibile ancor più difficile avere un quadro completo sul mix generativo previsto (o auspicato) per il 2030 e sui relativi benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti. In particolare:
    1.  relativamente alle fonti rinnovabili vengono presentate delle previsioni di incremento della produzione annua rispetto al 2015 (pagg.48 e 49, figura 22), ma non viene specificato l’ammontare della capacità aggiuntiva che sarà necessario installare per raggiungere tale risultato, né il relativo importo degli investimenti pubblici e privati necessari;
    2. viceversa, per quanto riguarda la produzione di elettricità attraverso le centrali a turbogas (OCGT/CCGT), viene riportato il dato della capacità aggiuntiva (+ 1 GW nello scenario inerziale, +1,5 GW nello scenario di phase-out parziale del carbone e +2,9 GW nello scenario di phase-out completo) senza stimare quale sarà l’impatto sulla produzione elettrica e, di conseguenza, sull’aumento delle importazioni di metano;
    3. A fronte di un obiettivo del 50% di rinnovabili nel mix elettrico, non viene specificato in alcun modo come si intende comporre il rimanente 50% del paniere, nei tre ipotetici scenari di phase-out del carbone.
    4. I benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas serra vengono esplicitati soltanto per quanto riguarda gli interventi di dismissione parziale o totale degli 8 GW di impianti alimentati a carbone. Non viene invece fornita alcuna elaborazione numerica complessiva sugli effetti prodotti dal nuovo mix generativo. Sarebbe quantomeno doveroso riportare di quanto diminuirà entro il 2030 il fattore di emissione di CO2 per la produzione di elettricità, rispetto al valore attuale che l’ISPRA stima pari a 332 gCO2/kWh[9].
  • Analogamente, riteniamo non adeguatamente argomentati gli obiettivi di sviluppo di 5 GW della capacità di stoccaggio idroelettrico e di 5 GW di stoccaggio elettrochimico, che dovrebbero assorbire rispettivamente il 55% e il 40% dei picchi di overgeneration (pagine 103-104). In primo luogo, sarebbe opportuno riportare non solo il valore della potenza erogabile dai sistemi di storage, ma anche quello della carica complessiva accumulabile. In secondo luogo, occorrerebbe una stima dell’impatto, in termini di aumento delle emissioni di gas serra, derivante dalla fabbricazione, dall’installazione e dall’impiego di questi impianti di stoccaggio (Life Cycle Assessment).
  • Inoltre, non è data risposta ai seguenti quesiti:
    1. A quanto ammonta in TWh, esattamente, l’attuale eccesso di produzione (overgeneration) e di quanto aumenterà tale valore entro il 2030?
    2. Qual è attualmente e quale sarà in prospettiva il profilo giornaliero del fabbisogno elettrico, rispetto alla produzione, nei diversi periodi dell’anno?
    3. In che modo il profilo giornaliero del fabbisogno e della produzione, e il relativo andamento dei prezzi e del differenziale di costo rispetto ai Paesi confinanti, influenzerà il saldo import/export di elettricità?
  • Relativamente all’ultimo quesito, merita osservare quanto segue. A fronte di un saldo netto di importazioni pari nel 2015 a 46,4 TWh, equivalenti a quasi il 15% del fabbisogno elettrico[10], gli studi citati nella SEN evidenziano una grossa variabilità delle proiezioni al 2030, legata essenzialmente all’evoluzione delle politiche energetiche dei partner europei, e in particolare all’eventuale ridimensionamento della capacità nucleare francese (pagg. 34 e 220-221).
    Nonostante la conseguente ampia forchetta delle previsioni (da un minimo di 28 TWh ad un massimo di 70 TWh di importazioni annue), la SEN adotta come riferimento il valore di saldo più conservativo, ovvero 28 TWh. Riteniamo questa scelta opinabile e arbitraria: in coerenza con gli obiettivi di sicurezza e di competitività del sistema elettrico italiano, sarebbe auspicabile la valutazione di diversi sotto-scenari, che tengano in considerazione le varie ipotesi di evoluzione dei mix di produzione elettrica dei Paesi confinanti.
  • Per quanto riguarda l’ammontare degli investimenti necessari, la SEN riassume solamente quelli relativi all’ammodernamento della rete, allo stoccaggio idroelettrico e alla nuova capacità generativa a turbogas, per un importo complessivo di 17-19 miliardi di euro nello scenario di phase-out inerziale da carbone (pagg. 107 e 139) [11].
    Nessuna stima viene fornita per gli investimenti che i soggetti pubblici e privati dovranno sostenere per lo sviluppo dello stoccaggio elettrochimico, per l’installazione di maggiore capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile, oltre che per il repowering degli impianti già esistenti, con particolare riferimento agli 8 GW di impianti eolici che giungeranno a fine vita utile entro il 2030 (pag. 51).
  • Anche a causa del limitato orizzonte temporale preso in considerazione nella SEN, non viene menzionato nel documento il problema relativo agli investimenti che saranno necessari per il mantenimento della capacità fotovoltaica, considerando che una parte significativa dei 18 GW di pannelli attualmente installati dovrà essere sostituita tra il 2030 e il 2040.
  • Al netto dei rilievi esposti nei punti precedenti, ci preme formulare una considerazione generale sull’impianto della SEN 2017 per quanto riguarda il settore elettrico. Appare evidente un orientamento, nel breve e medio termine, verso un mix generativo basato sul binomio “rinnovabili-gas”; il documento tuttavia non propone alcuna argomentazione a sostegno di questa scelta, come se essa fosse la naturale e sola possibile evoluzione dell’attuale sistema elettrico nazionale. In virtù del dichiarato obiettivo ㅡ in linea con la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi ㅡ di una <<totale decarbonizzazione del sistema energetico>> (pag. 5), la scelta di procedere ad un incremento dell’impiego di una fonte fossile come il gas naturale, per quanto meno impattante rispetto ad altre (i.e. petrolio e carbone), appare in prima battuta una contraddizione e necessita pertanto di adeguate valutazioni a sostegno [12].
    Se da una parte è certamente vero che l’elevata flessibilità delle centrali a turbogas offre una valida soluzione come risorsa di backup per bilanciare la produzione intermittente degli impianti rinnovabili, dall’altra le inadeguatezze infrastrutturali della rete richiedono massicci e onerosi interventi di potenziamento e ammodernamento ㅡ evidenziati nella stessa SEN ㅡ indispensabili per sostenere l’aumento delle importazioni nonché per garantire un adeguato livello di sicurezza e di disponibilità degli approvvigionamenti. Sussistono inoltre problemi non trascurabili, sia ecologici che economici, legati all’utilizzo delle centrali termoelettriche in modalità operativa di back-up/load-following; dato che tale modalità comporta la significativa riduzione dell’efficienza termica e del fattore di capacità. In specie, le centrali elettriche alimentate a combustibili fossili, se costrette ad operare a carichi fluttuanti e sub-ottimali per integrare la produzione di quelle a fonti rinnovabili aleatorie/intermittenti (i.e. solare ed eolico) e bilanciare la rete elettrica, inevitabilmente aumentano i propri livelli medi di emissioni dei gas serra per chilowattora prodotto, di fatto annullando una buona parte del contributo delle rinnovabili alla decarbonizzazione del sistema elettrico [13].
  • Ciò che manca nella SEN, in definitiva, è un’adeguata analisi costi/benefici della soluzione proposta, che tenga in considerazione, anche solo a titolo puramente comparativo, tutti gli eventuali scenari tecnologici alternativi, incluso l’impiego dell’energia nucleare o i sistemi di cattura e stoccaggio delle emissioni di carbonio. Sottolineiamo come sia la stessa SEN a rimarcare in più punti il principio della neutralità tecnologica rispetto agli obiettivi di competitività, decarbonizzazione e sicurezza, per il raggiungimento dei quali ci si ripromette di <<utilizzare ogni leva possibile>> (pag. 6) [14] e, specificatamente alle nuove regole del capacity market nel settore elettrico, di <<valorizzare l’apporto di tutte le opzioni tecnologiche disponibili>> (pag. 84).
  • In questo quadro risulta di fatto sorprendente come in tutta la SEN non si faccia alcun riferimento esplicito ai fattori di emissioni di CO2 , come metro per perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione e per quantificare l’evoluzione temporale del mix elettrico. L’unico passaggio di tutto il documento nel quale viene nominato un fattore di emissione, è nell’ambito del meccanismo del capacity market,  con la possibile introduzione di un <<cap emissivo per orientare maggiormente il mercato verso l’offerta di servizi che rispondano all’obiettivo generale di decarbonizzazione del sistema (i.e. 550g per kWh)>> (pag. 99). La proposta è in linea di massima condivisibile, ma il valore numerico è riportato senza alcuna spiegazione e appare del tutto fuori misura. In che modo un limite alle emissioni di 550 gCO2/kWh sulla nuova capacità generativa (si legga la nota a piè pagina numero 12) dovrebbe contribuire alla decarbonizzazione del settore elettrico?

NOTE
[7] BP Statistical Review of World Energy 2017
[8] Technical report on Member State results of the EUCO policy scenarios, http://ec.europa.eu/energy/en/data-analysis/energy-modelling
[9] Fonte: ISPRA, Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2015. National Inventory Report 2017
[10]Fonte: GSE, Rapporto Statistico ㅡ Energia da fonti rinnovabili in Italia ㅡ Anno 2015
[11] La SEN stima investimenti aggiuntivi fino a circa 3 miliardi di euro per raggiungere entro il 2030 il phase-out completo dal carbone.
[12] Il fattore di emissione di CO2 per la produzione di elettricità in Italia tramite gas metano è stato, nel 2013, pari a 369,2 gCO2/kWh (fonte: ISPRA, Rapporto 212/2015). Le mediane degli studi citati dall’IPCC (Special Report on Renewable Energy Sources and Climate Change Mitigation, 2012), che tengono conto delle emissioni sull’intero ciclo di vita (“dalla culla alla tomba”) degli impianti di generazione, sono i seguenti: bioenergie 18 gCO2/kWh, solare fotovoltaico 46 gCO2/kWh, solare a concentrazione 22 gCO2/kWh, geotermico 45 gCO2/kWh, idroelettrico 4 gCO2/kWh, maree 8 gCO2/kWh, eolico 12 gCO2/kWh, nucleare 16 gCO2/kWh, gas naturale 469 gCO2/kWh, petrolio 840 gCO2/kWh, carbone 1001 gCO2/kWh.
[13]Tra gli studi in letteratura a supporto di queste considerazione citiamo: Dolan, Stacey L.; Heath, Garvin A. (2012). “Life Cycle Greenhouse Gas Emissions of Utility-Scale Wind Power Systematic Review and Harmonization”. Journal of Industrial Ecology. 16: S136–S154. doi:10.1111/j.1530-9290.2012.00464.x
[14]Qui come in seguito, le evidenziazioni all’interno delle citazioni sono una scelta degli autori di questo documento.

continua…





Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 2

12 09 2017

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2 Orizzonte temporale della Strategia e scenari internazionali

  • L’orizzonte operativo della SEN 2017 è il 2030. Se da una parte questo riferimento temporale relativamente limitato può facilitare la definizione di linee d’azione concrete e coerenti con gli obiettivi europei del Clean Energy Package, dall’altra la scelta di non elaborare nemmeno in forma generica alcuna proiezione sul lungo periodo (2050) risulta quantomeno  discutibile.
  • Infatti, essendo la SEN un documento di indirizzo finalizzato a mettere in atto anche nel nostro Paese una rivoluzione sistematica dell’intero settore energetico, ovvero la sua decarbonizzazione entro la metà del XXI secolo, ogni intervento prospettato per il periodo 2018-2030 non può in alcun modo prescindere dalla visione d’insieme sul lungo termine.
  • È da sottolineare come l’Unione Europea, oltre agli scenari EUCO finalizzati al monitoraggio degli obiettivi al 2030 del Clean Energy Package, abbia elaborato anche delle proiezioni al 2050. I dati in questione sono riportati nell’EU Reference Scenario 2016 ma la SEN, pur citando tale documento, non sembra prenderne in considerazione il contenuto.
  • Allo stesso modo, riteniamo assolutamente carenti i riferimenti all’Energy Roadmap 2050 [5], il documento pubblicato dalla Commissione Europea nel 2011, che definisce tutti gli scenari di decarbonizzazione e che dovrebbe costituire l’essenziale riferimento per qualsivoglia strategia energetica degli Stati dell’Unione Europea. La SEN ne fa cenno (a pagina 24) esclusivamente per menzionare l’obiettivo di riduzione complessiva delle emissioni dell’80% rispetto al valore del 1990; il documento in questione presenta un’analisi molto più articolata, che meritava di essere presa in considerazione, in particolare nei capitoli della SEN relativi agli interventi sul settore elettrico.
  • In generale, osserviamo come il riferimento alle fonti internazionali sia frammentario, disorganico e spesso discrezionale. Il World Energy Outlook 2016 (WEO) [6] viene impiegato solamente per definire il contesto mondiale e i relativi trend (pagine 21-23); mentre è assente qualsiasi riferimento al focus sull’Unione Europea e alle proiezioni al 2030 e al 2040 ivi contenute, che darebbero maggiore completezza all’analisi del contesto ed un orizzonte temporale più ampio rispetto agli scenari EUCO.
  • Inoltre, gli scenari “New Policies e 450ppm, delineati nel WEO per il raggiungimento rispettivamente degli obiettivi europei del 2030 e di quelli della Roadmap 2050, non vengono presi in considerazione nella SEN, se non per farne un breve cenno, a pagina 188, relativamente alla quota di prodotti petroliferi e limitatamente al settore dei trasporti.
  • È da notare come i redattori della SEN, a pagina 33, affermino di non aver potuto accedere pienamente ai dati degli scenari europei EUCO, nonostante l’Italia abbia partecipato alla loro elaborazione (sic!), ammettendo di conseguenza <<la difficoltà di produrre elaborazioni con ipotesi diverse, di esaminare criticamente i risultati ovvero di valutare gli effetti di specifiche politiche>>.
  • Infine, la Strategia energetica in esame è chiaramente posta a supporto di una transizione energetica in atto sostanzialmente già da diversi decenni (indicativamente dagli anni 80 del secolo scorso), alla quale si vanno ad aggiungere obiettivi sempre più sfidanti. Non viene fatto tuttavia alcun riferimento ad un’analisi anche solo abbozzata della transizione demografica contestualmente in atto nel nostro Paese, la quale mostra invece nella sua evoluzione chiari segnali di criticità ed irreversibilità. In questo modo riteniamo che le analisi su cui si fondano assunzioni e proiezioni per la transizione energetica siano affrontate in un quadro di riferimento mancante della giusta prospettiva.

    [5]https://ec.europa.eu/energy/en/topics/energy-strategy-and-energy-union/2050-energy-strategy
    [6]http://www.iea.org/newsroom/news/2016/november/world-energy-outlook-2016.html

    continua…





Strategia Energetica Nazionale: i nostri commenti – Parte 1

11 09 2017

Lo scorso 12 giugno è stata avviata una consultazione pubblica sulla nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN).
Abbiamo partecipato alla consultazione e a partire da oggi pubblichiamo il nostro contributo, suddiviso in capitoli per comodità di lettura.
(per scaricare il report completo, cliccare qui)

 

ENERGIE PER L’ITALIA DEL FUTURO

Contributo alla consultazione pubblica sulla Strategia Energetica Nazionale 2017

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Prefazione

Siamo un gruppo di cittadini che credono nel futuro dell’Italia e nel dovere ormai non più differibile di compiere scelte coraggiose e lungimiranti, che consegnino alle nuove generazioni  un Paese moderno, competitivo e finalmente proiettato nel Terzo Millennio.

Nel 2012 sostenemmo un appello [1], in favore della convocazione di una Conferenza Nazionale sull’Energia, affinché l’elaborazione di una nuova strategia energetica avvenisse in un contesto trasparente e partecipato, con il contributo tecnico e il confronto tra personalità, enti ed istituzioni scientifiche ed economiche riconosciute a livello nazionale ed internazionale.  Tale appello rimase inascoltato, nonostante fosse stato portato all’attenzione dell’allora Ministro dello Sviluppo Economico Passera, nell’ambito della consultazione pubblica sulla Strategia Energetica del Governo Monti, e in un secondo momento fatto oggetto di un’interrogazione parlamentare, di cui dopo quattro anni non è ancora giunta risposta [2].

Oggi siamo qui, a proporre come allora la convocazione di una Conferenza Nazionale sull’Energia, e ad offrire le nostre considerazioni ed osservazioni, nel metodo e nel merito, relativamente alla nuova Strategia Energetica presentata in data 13 giugno 2017 dai Ministri Calenda e Galletti.

 

1 Una questione di metodo: governance energetica

  • Riconosciamo il merito dell’attuale Governo di voler perseguire l’obiettivo di definizione di una nuova Strategia Energetica attraverso un processo trasparente che coinvolga non solo gli organi istituzionali competenti, ma anche le imprese operanti nel settore, le società concessionarie, gli esperti, le associazioni di categoria, nonché i singoli cittadini. Tuttavia, la strada intrapresa ㅡ ed in particolare lo strumento della consultazione pubblica con cui la Strategia viene proposta e sottoposta ad analisi ㅡ si poggia a nostro parere sugli stessi elementi di debolezza che, di fatto, hanno determinato il fallimento della Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2013.
  • La SEN 2013, nonostante fosse stata formalmente approvata con un decreto interministeriale e successivamente pubblicata in Gazzetta Ufficiale [3], è rimasta sostanzialmente inapplicata. Il fatto che, a distanza di soli quattro anni, si sia resa necessaria l’elaborazione ex novo di un secondo documento ㅡ e non una semplice revisione o aggiornamento del precedente testo ㅡ evidenzia chiaramente l’insuccesso della prima iniziativa, soprattutto considerando il contesto di una strategia energetica nazionale, il cui orizzonte temporale di riferimento, per lo meno nell’impianto generale, dovrebbe avere un respiro come minimo ventennale, tale da “sopravvivere” alle logiche elettorali, ai cambi di legislatura e/o all’alternarsi di governi e maggioranze parlamentari. I continui mutamenti di rotta rappresentano il primo motivo di sfiducia da parte degli investitori.
  • Al fine di garantire un senso di continuità e coerenza nel percorso di raggiungimento degli obiettivi energetici siglati dall’Italia a livello internazionale, sarebbe doverosa un’analisi dei risultati parziali comunque raggiunti nei quattro anni di vigenza della SEN 2013, nonché una verifica di ciò che non è stato realizzato, stabilendone le cause e discutendone le possibili conseguenze. Tali valutazioni, opportunamente argomentate, dovrebbero costituire il punto di partenza della nuova SEN. Tuttavia, di queste valutazioni nel nuovo documento sottoposto a consultazione non vi è traccia.
  • In misura analoga, la SEN 2017 non fornisce giustificazioni in merito alla modifica e/o alla cancellazione di alcuni degli obiettivi contenuti nel documento precedente (e.g. il sostegno all’attività estrattiva di idrocarburi sul territorio italiano).
  • Nonostante le evidenze riportate nei punti precedenti suggeriscano la necessità di un cambiamento di rotta dal punto di vista metodologico prima ancora che dei contenuti, il percorso di elaborazione della SEN 2017 segue le orme della precedente: nel capitolo 3 del documento sottoposto a consultazione non si evidenziano proposte di cambiamenti significativi nell’iter di approvazione e di attuazione, tali da far sperare in un esito differente rispetto al documento del 2013.
  • In particolare, riteniamo che il processo di consultazione pubblica, pur consentendo ai cittadini ed ai portatori di interesse di offrire il proprio contributo e le proprie competenze nel processo di elaborazione degli indirizzi strategici, di fatto rappresenti un canale di comunicazione unilaterale, che non consente un confronto dialettico tra le parti e rende pertanto meno evidente il processo di convergenza dei diversi contributi.
  • Complessivamente, riteniamo che le argomentazioni a sostegno del percorso che dovrebbe portare all’approvazione della SEN 2017 e successivamente alla stesura del Piano Energia e Clima siano deboli ed insoddisfacenti. In particolare, appaiono in questo contesto poco chiari i criteri e le modalità con cui i Ministeri competenti metteranno in atto il processo di analisi e sintesi delle osservazioni pervenute durante la consultazione pubblica, nonché il loro eventuale recepimento attraverso correzioni, modifiche ed integrazioni al documento finale.
  • Sarebbe innanzitutto utile, anche in risposta alle esigenze di piena trasparenza espresse da più parti e rimarcate nello stesso documento, che il Governo rendesse liberamente accessibili tutti i contributi pervenuti nel corso della consultazione pubblica [4]. Potrebbe quindi venire convocato un tavolo tecnico allargato (e.g. la Conferenza Nazionale sull’Energia) nel quale discutere e condividere le proposte migliorative ed integrative, garantendo in questo modo un processo di sintesi il più possibile trasparente e condiviso.
  • Vaghe e fumose risultano essere anche le proposte di miglioramento della governance del settore energetico, che secondo il Governo dovrebbero facilitare il processo di attuazione delle misure strategiche contenute nella SEN, una volta approvata.  Prendendo atto della rinuncia alla modifica dell’articolo 117 della Costituzione ㅡ che avrebbe riportato in capo allo Stato le competenze in materia di energia ㅡ non è chiaro in che modo si intende dare centralità al ruolo delle Regioni nel processo decisionale, soprattutto per quanto riguarda la definizione, l’approvazione e la realizzazione delle infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale, di cui la nuova SEN si fa portatrice (e.g. potenziamento della rete elettrica, nuovi impianti di rigassificazione, gasdotti, centrali termoelettriche, stoccaggio di idrocarburi).
    Fermo restando la necessità di una maggiore cooperazione tra istituzioni regionali, nazionali ed internazionali, non comprendiamo quali siano i termini della proposta relativa all’istituzione della cosiddetta “cabina di regia” nominata a pagina 208 del documento, né comprendiamo in concreto quali siano gli strumenti di cui il Governo si vuole dotare per rafforzare il dialogo con le istituzioni locali e i cittadini, e il ruolo giocato in questo contesto dell’istituto dell’inchiesta pubblica nell’ambito delle procedure di VIA.
  • In definitiva, non risulta affatto chiaro quali siano gli attributi giuridici della Strategia Energetica in esame e dei suoi strumenti attuativi. Al di là delle buone intenzioni, espresse dai continui riferimenti alla necessità di un maggiore dialogo con le Regioni e un ampliamento della partecipazione dei cittadini al processo decisionale: chi deciderà cosa, quando e come?

[1] https://conferenzaenergia.wordpress.com/appello/testo/
[2] http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/00408&ramo=C&leg=17
[3] http://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2013/03/27/73/sg/pdf
[4] Sarebbe stato opportuno rendere pubblici anche i risultati dell’analisi dei gruppi di lavoro verticali promossi dal Governo tra l’autunno 2016 e la primavera 2017, nonché i contributi delle associazioni ambientaliste, sindacali e di categoria coinvolte in fase preliminare, gli Atti dei 5 workshop tecnici, le audizioni delle Autorità indipendenti e dei rappresentanti regionali.

 continua …





Le sfide della decarbonizzazione

4 05 2017

Anche quest’anno “Energie per l’Italia del Futuro” e “Comitato Nucleare e Ragione” saranno presenti al festival scientifico “Fare i Conti con l’ambiente – Ravenna 2017“, ospiti di Labelab ed Ekoclub International.
Il workshop in programma, intitolato “Il Bosco coltivato ad Arte – Le Sfide della decarbonizzazione”, avrà luogo il 19 maggio presso il Palazzo Rasponi dalle Teste a Ravenna.
Per prenotazioni e informazioni: http://www.labelab.it/ravenna2017/events/workshop-r-il-bosco-coltivato-ad-arte-iii-edizione-le-sfide-della-decarbonizzazione/

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Strategie Energetiche e Titolo V della Costituzione

22 11 2016

La riforma costituzionale che sarà soggetta il prossimo 4 dicembre a consultazione referendaria prevede, tra le tante cose, anche una sostanziale modifica del Titolo V della Costituzione, ovvero del riparto delle competenze tra Stato e Regioni.
La Legge n.3 del 18 ottobre 2001 introdusse nella carta costituzionale una classificazione delle materie legislative, definendo tre categorie: le materie di competenza esclusiva dello Stato; le materie a legislazione concorrente tra Stato e Regione; tutte le materie non espressamente nominate nelle due categorie precedenti, la cui potestà legislativa spettava alle Regioni.
E’ da rilevare come il concetto di legislazione concorrente sia stato da più parti criticato per la sua ambiguità applicativa, che ha causato negli anni una certa disomogeneità normativa tra le diverse realtà regionali, nonché un aumento consistente di contenziosi tra Stato e Regioni presso la Corte Costituzionale.
La riforma del 2016 prevede l’eliminazione deIla legislazione concorrente e una redistribuzione esplicita e meno equivoca delle prerogative tra Stato centrale e Regioni. In particolare, tra gli ambiti che ritornano di esclusiva pertinenza statale vi sono le attività economiche strategicamente rilevanti, come la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia.
Su questo aspetto, a nostro avviso l’esito del referendum dovrebbe segnare comunque un punto di partenza per la definizione di una nuova strategia energetica nazionale, che da anni rivendichiamo su queste pagine promuovendo lo strumento della Conferenza Nazionale sull’Energia.

Ne riparleremo a bocce ferme, dopo il 4 dicembre. Per ora, ci limitiamo a suggerire ai nostri lettori la lettura di questo articolo di approfondimento sulla riforma del Titolo V. Segnaliamo inoltre che questa sera, alle ore 18:00, proprio su questo tema si confronteranno i principali rappresentanti di categoria del settore energetico italiano, in un convegno intitolato La Costituente dell’Energia, promosso dall’associazione “Ottimisti e Razionali”.

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